Dal 1961 al 1970

1961

Dato di fatto fondamentale è appunto che Taranto è l’unica colonia greca in tutta la Puglia. Anche se dal punto di vista monumentale ben poco ci rimane dell’antica città, la ricchezza della sua necropoli mostra perfetta rispondenza alla importanza che le fonti storiche le assegnano, e basti a questo proposito vedere quanto è raccolto nel nostro Museo Nazionale, oggi in corso di ampliamento. Ma non è questo l’argomento del nostro tema, e dobbiamo quindi, di necessità, omettere tutto quanto riguarda le ultime scoperte tarentine, se non per quanto si riferisce ai rapporti di Taranto con gli Apuli.
Ad essere esatti altre città greche sono ricordate dagli autori antichi. Ma Gallipoli, che anzi, secondo Dionigi di Alicarnasso (XIX, 3) è di fondazione tarentina, non ha dato nulla di particolarmente significativo dal punto di vista archeologico, a parte la fontana monumentale, che vien chiamata comunemente ellenistica.


Di Fratvertium, portus Tarentinus secondo Plinio (n. h. III, 101) non si sa praticamente nulla. Precedente alla fondazione di Taranto, che le fonti assegnano al 706 a.C., sono gli stanziamenti commerciali greci sulle coste apule. Qui i ritrovamenti, anche recenti, di ceramiche micenee e rodie confermano le fonti storiche, che ci parlano di rapporti tra Iapigi e Cretesi, o attribuiscono a località apule fondazioni cretesi (ad es. Hydrus, cioè
Otranto) o rodie (ad es. Egnazia, Rodi ecc.). Ceramiche micenee si sono rinvenute in numerose località costiere sia dello Jonio che dell’Adriatico. Sono già noti i rinvenimenti di Torre Castelluccia, in Comune di Pulsano, ma molti altri promontori del Salento protesi sul mare, in situazione analoga a Torre Castelluccia, atti cioè all’approdo e nello stesso tempo facili ad essere difesi, hanno dato reperti di ceramica micenea, o anche rodia, che documentano i rapporti commerciali fra il mondo egeocretese e la Puglia alla fine del II millennio a.C.

Particolarmente importanti al riguardo i recenti scavi di Porto Saturo presso Taranto. È facile riconoscere nel nome di Porto Saturo quello dell’antica Satyrion, la favolosa città greca più antica di Taranto, la cui ninfa eponima, Satyra, era considerata appunto madre di Taras. I ritrovamenti ci chiariscono le fonti. Si ha, in questa zona, una effettiva continuazione di vita dall’età del bronzo sino all’età classica per oltre un millennio. In uno scavo si sono rinvenuti ben quattro fondi di capanne sovrapposti l’uno all’altro; con una potenza di strato
archeologico di quasi tre metri e, incastrata nel pavimento di una delle capanne più alte, una brocca micenea a staffa del XII sec. a.C.

Il confine politico tra il dominio diretto di Taranto e gli Apuli ci è dato dai ritrovamenti archeologici. Attorno alla grande città vi è una serie di necropoli il cui materiale, molto spesso vasi corinzi o attici a figure nere, è assolutamente uguale al materiale tarentino, senza inclusione di ceramica indigena. Così a Leporano, Pulsano, S. Giorgio Jonico, Carosino, Monteiasi, Crispiano, Statte, località che formano quasi un arco che dalla costa
orientale del golfo tarentino, poco oltre Torre Castelluccia, giunge alla costa occidentale presso l’attuale Ginosa Marina, appoggiandosi, verso l’interno, ai piedi delle Murge. Nella seconda metà del V secolo ha inizio in Magna Grecia la produzione della ceramica detta protoitaliota, che darà poi origine, in Puglia, alla ceramica apula e a quella di Gnathia. Il gruppo più antico, di Pisticci-Amykos, che si ispira alla contemporanea arte vascolare attica di Polignoto e del pittore di Achille, non sembra però aver inizio a Taranto, ma a Eraclea o a
Thuri, ed appare diffuso in tutta la regione apula; non si può dire anzi che vasi protoitalioti siano più abbondanti a Taranto che in altra località; se mai il contrario. Questa ed altre considerazioni hanno contribuito a far sì che, ancor oggi, gli studiosi siano incerti sull’importanza che ebbe Taranto, nella produzione vascolare, rispetto agli altri centri apuli, e dalle più antiche opinioni del Patroni e del Macchioro, che negarono addirittura
ceramiche di produzione tarentina, si arriva a chi, come il Buschor o la Oakeshott-Moon, ritiene Taranto il principale, se non l’unico, centro di produzione.

A noi sembra che i rinvenimenti archeologici consentano una posizione intermedia, nel senso che Taranto ebbe certamente fabbriche di vasi sia protoitalioti, o meglio protoapuli, che apuli, ma che fabbriche di vasi a figure rosse esistessero anche in altre località, della Puglia e della Lucania. Che Taranto fosse un importante centro di produzione, per le proprie esigenze di grande città, sembra logico; meno probabile che fosse anche un importante centro di esportazione verso l’interno. Del resto le statuine fittili tarentine non appaiono diffuse fuori di Taranto (a parte Eraclea che è però, come è noto, colonia tarentina);
nelle località dell’interno, da Canne a Canosa a Conversano a Monte Sannace ad Egnazia, abbiamo sì tipi simili, ma di fattura più rozza, evidentemente locale. Se volessimo in brevissime parole ora riassumere il nostro pensiero sugli Apuli e sui Greci in Puglia, quale ci sembra risultare dai documenti archeologici, potremmo dire che Taranto, fulgida metropoli della Magna Grecia, non estese il suo dominio diretto oltre un ristretto arco attorno al suo golfo, sicché i suoi rapporti con gli Apuli, come ha già detto anche il Maiuri nella sua prolusione, furono di coesistenza e non di colonizzazione.

NEVIO DEGRASSI