Dal 1991 al 2000

2000

Giungendo a Taranto, citerò i risultati di una campagna di scavo condotta in un’area edificabile di via Campania, nel settore sud-est dello spazio urbano antico, caratterizzato prevalentemente da nuclei di sepolture.

Nel caso in esame, invece, sono stati individuati numerosi tagli praticati con una certa regolarità nel banco di roccia, con almeno quattro allineamenti di oltre quaranta fosse di dimensioni più o meno costanti; allineamenti interrotti o separati da due tagli regolari continui. La regolarità dell’impianto, confrontabile parzialmente con altri individuati in aree prossime al circuito difensivo (Collepasso e zona SARAM), induce a riferirlo allo sfruttamento agricolo della zona in piena età classica, mentre ne riutilizzano o riadattano le fosse già citate quattordici inumazioni a fossa, con lastroni di carparo o tegole piane di copertura, inquadrabili fra il IV ed il III secolo a. C.

Tornando infine al Museo di Taranto, vorrei ricordare alcuni aspetti positivi della situazione, a bilanciamento della negatività costituita dalla già ricordata sua chiusura al pubblico, e innanzi tutto lo stato dei lavori.

Quelli del FIO 86, ormai praticamente completati per quanto consentito dalle disponibilità finanziarie, hanno permesso il consolidamento e la ristrutturazione della cosiddetta ala Ceschi, ad angolo fra le vie Cavour e Pitagora, nonché la predisposizione degli impianti destinati a servire tutto il complesso museale, la costruzione dei nuovi volumi necessari sia a collegare verticalmente le varie parti dell’edificio sia a realizzare un percorso continuo all’ultimo piano, la realizzazione dei nuovi uffici e della hall d’ingresso con il cortile interno, destinati a spazi di accoglienza e in parte espositivi.

Con il finanziamento POP 97-99, analoghi interventi strutturali e di adeguamento impiantistico sono in corso anche nell’ala Alcantarini, corrispondente alla porzione più antica del complesso museale, tra corso Umberto e via Cavour.

Dal 20 aprile, comunque, un campione consistente e significativo di tutte le collezioni museali è stato trasferito e reso fruibile in Città Vecchia nel settecentesco Palazzo Pantaleo, di proprietà comunale, da alcuni anni restaurato ma che non aveva ancora ricevuto una specifica destinazione d’uso.

In tale allestimento temporaneo, due ampi ambienti a piano terra, originariamente utilizzati come rimessa per le carrozze, accolgono un’ampia scelta delle collezioni relative alla preistoria regionale. Per il periodo classico, l’esposizione al primo piano illustra le necropoli tarantine dalla fondazione laconica fino alle testimonianze successive all’occupazione romana, mentre al piano rialzato, negli ambienti che costituivano un appartamento di servizio, è presentata una selezione di terrecotte votive e funerarie.

Quasi anticipazione simbolica del nuovo allestimento del Museo di Taranto, presento in conclusione, per la prima volta, un rilievo funerario in marmo greco cui avevo fatto solo un cenno lo scorso anno dando notizia del legato disposto in favore del Museo dal prof. Angelo Galeone. Esso ci è stato consegnato dall’esecutore testamentario avv. Pietro Cassano il 21 agosto scorso. Si tratta di un’opera già nota al Wuilleumier nel 193948, e che sarebbe stato donato al padre del prof. Galeone nel 1924 dall’amico e collega dott. Pasquale Delli Ponti, il quale l’avrebbe rinvenuto in una sua proprietà sita a San Francesco degli Aranci, nella zona di San Vito, e quindi storicamente riferibile alla chora tarantina.

La formella marmorea rientra in una tipologia a carattere votivo e funerario ben nota in ambito greco, con o senza il codolo inferiore per l’inserimento in un supporto di materiale meno pregiato. La scena si sviluppa in uno spazio architettonico definito alle estremità da due colonne e sormontato da una schematica copertura a tegole. Un giovane è disteso sulla kline, mentre una donna siede ai piedi del letto; un servitore regge una oinochoe per versare il vino contenuto in un cratere posto in secondo piano; sulla trapeza posta dinanzi al letto sono poggiati frutti ed offerte; in un riquadro in alto a sinistra, infine, è rappresentata una testa di cavallo. Il rilievo, di cui si è appena completato il restauro, è ascrivibile alla variegata serie dei banchetti funebri, diffusi con leggere varianti anche tra i rilievi fittili e in pietra tenera tarantini di età ellenistica.

GIUSEPPE ANDREASSI