Dal 1991 al 2000

1999

Dedico ora la parte finale della mia relazione alla città di Taranto, sia per ciò che riguarda i principali risultati delle ricerche svolte nell’ultimo anno, sia per quanto attiene le attività di valorizzazione, sul territorio e nell’ambito del Museo Nazionale.

Nell’ambito di progetti rientranti fra i Programmi Operativi Multiregionali (POM) e Plurifondo (POP), nella Città Vecchia indagini archeologiche sono state effettuate sia in largo San Martino sia in piazza Castello verso la discesa del Vasto. A largo San Martino, al fine di definire nei dettagli le opere di sistemazione di un’area archeologica già nota per le ricerche effettuate nell’ambito del precedente programma CIPE, si è operato proprio sul limite del costone roccioso che caratterizza il ‘salto di quota’ verso il Mar Piccolo, mettendo in evidenza ulteriori resti di interesse archeologico.

A piazza Castello, invece, due saggi preventivi 59 sono stati effettuati fra ottobre e dicembre del 1998, giungendo ad escludere la realizzabilità del progettato parcheggio sotterraneo.

Il primo saggio ha interessato l’area del distrutto palazzo del canonico Ceci, di cui sono state rimesse in luce le strutture superstiti. Nell’altro, sono stati individuati nel banco roccioso dei tagli regolari che, per orientamento, collocazione topografica e dati stratigrafici, consentono di ipotizzarne la connessione con l’antico fossato del Castello. L’importanza archeologica della zona, peraltro poco indagata, è dovuta alla vicinanza con la linea difensiva pre-aragonese, e quindi con l’antico fossato dell’acropoli, coincidente con quello medievale e trasformato in canale navigabile alla fine del secolo scorso. Sempre in Città Vecchia, particolare rilevanza rivestono i risultati di un saggio effettuato nella navata sinistra del duomo di San Cataldo, nell’ambito di lavori 60 volti al rifacimento della pavimentazione. Oltre ad interventi collegabili con la demolizione delle cappelle signorili avvenuta negli anni ’50 di questo secolo, si sono individuati ossari in muratura databili fra il XV ed il XVI secolo, la frequentazione connessa con il cantiere della cattedrale normanna del XII secolo, nonché, al di sotto di livelli di abbandono altomedievali, resti di sepolture del VII-VIII secolo, fra le quali una terragna originariamente racchiusa in una colata di calce e sistemata su due lastre affiancate con funzioni di ‘scolatoio’.

Allo stesso livello di queste, si è individuata un’altra sepoltura, ricavata nel banco di carparo e con copertura monolitica a leggero spiovente, tagliata alla testata orientale dalla costruzione degli ossari e perciò con i resti scheletrici in parte sconvolti.

Gli arti superiori erano comunque incrociati sul petto, dove è stata rinvenuta in frammenti una croce latina a bracci patenti con terminazione ad ago, in lega d’argento, che colloca la sepoltura al VII secolo d.C. Il rinvenimento appare di notevole interesse per la ricostruzione della storia della chiesa di Taranto, anche per la possibile rivalutazione delle notizie presenti nelle fonti agiografiche e per le strette relazioni con l’analogo discusso reperto aureo, conservato nella stessa Cattedrale, recante l’iscrizione CATALDVS.

Passando alle ricerche condotte nel Borgo, meritano una particolare menzione almeno i saggi eseguiti nell’ex convento di Sant’Antonio (tav. LXXX,2), complesso demaniale in cui hanno trovato una pur parziale sistemazione i depositi del materiale archeologico già esistenti nell’edificio del Museo Nazionale.

Il Sant’Antonio, costruito nel XV secolo su edifici di età romana per volontà dell’ultimo principe di Taranto Giovanni Antonio Orsini, fu terminato fra il 1444 e il 1448 ed ebbe a subire poi varie trasformazioni, documentate dalle fonti a partire dalla fine del XVI secolo. Il livello d’imposta delle strutture conventuali originarie, rispetto al piano di calpestio attuale delle zone limitrofe del Borgo, lascia sperare in una diffusa buona conservazione dei livelli di frequentazione romana e greca.

A conferma di tale impressione, i limitati saggi eseguiti nel 1999 hanno consentito di individuare, malgrado numerose interruzioni riferibili ad epoche successive, alcuni ambienti di età romana, uno dei quali con tracce dell’intonaco parietale. In giacitura secondaria, nei livelli superiori caratterizzati dalla presenza di materiale diverso relativo alla frequentazione greca e romana, è stato rinvenuto un bronzetto rappresentante Ercole con clava, di una tipologia inquadrabile in età tardoellenistica: ulteriore importante attestazione del culto di Herakles a Taranto, documentato da fonti iconografiche, storiche ed epigrafiche, ma per il quale mancano sicuri riferimenti topografici.

Per quanto attiene gli interventi di valorizzazione di monumenti archeologici in ambito urbano, va segnalata la tanto attesa sistemazione dei resti del portico romano conservato al di sotto di un edificio moderno in viale Virgilio, la cui lettura sarà presto resa possibile da pannelli tematici realizzati con il contributo della benemerita Associazione Amici dei Musei.

Passando infine al Museo Nazionale di Taranto, è in fase avanzata di realizzazione il Progetto FIO ’86 per l’ampliamento degli spazi espositivi ed il completo riallestimento delle collezioni su base cronologica e tematica, a partire dalle fasi preistoriche di occupazione del territorio tarantino fino all’età medievale, in un raccordo ideale con le testimonianze conservate in vista nel centro storico.

I lavori in corso, corrispondenti agli 11 miliardi che il CIPE ci aveva revocato e che siamo riusciti faticosamente a recuperare, riguardano la cosiddetta ‘ala Ceschi’ prospiciente via Pitagora, mentre per l’estensione, ormai prossima, del progetto all’ala Alcantarini (quella più antica) sono disponibili altri 5 miliardi attribuiti dalla Regione al Comune di Taranto nell’ambito dei finanziamenti POP 1997-99.

Una volta che abbiamo optato per la soluzione, meno agevole ma più rispettosa delle aspettative della città, di ridurre al minimo i tempi di chiusura totale del Museo, si è realizzato un temporaneo riallestimento della parte rimasta fruibile, necessariamente più ‘compatto’ ma non per questo meno idoneo a far cogliere il quadro complessivo della cultura locale di età greca e romana.

All’interno di tale percorso, abbiamo inoltre definito un luogo per piccole esposizioni temporanee, denominato “Spazio MArTa”, già attivo in occasione dello scorso Convegno con la sua seconda mostra dedicata all’ipogeo tardoantico rinvenuto sotto Palazzo delli Ponti in Taranto Vecchia. Ad essa hanno fatto seguito una mostra sulla musica antica, accompagnata dalla presentazione degli strumenti utilizzati a Taranto fra il V ed il I secolo a.C., ed un’altra che ha presentato sia una serie di giocattoli provenienti dalle necropoli tarantine, sia una scelta degli elaborati prodotti dagli alunni, soprattutto delle scuole primarie, che avevano aderito all’iniziativa visitando il Museo e cimentandosi poi nella soluzione di giochi legati ai materiali esposti e nella produzione di elaborati liberi; alunni, tutti, che hanno ricevuto un attestato di partecipazione nell’ambito di un incontro gioioso svoltosi presso la sede della Soprintendenza in San Domenico sul finire dell’anno scolastico.

Attualmente, lo “Spazio MArTa” ospita le due sculture più grandi fra quelle recuperate nel 1992 dal mare di Brindisi. Questa quinta iniziativa, come già le due precedenti, sarà l’occasione di una tavola rotonda, fissata per sabato 23 ottobre e promossa, con la Soprintendenza, dall’Istituto per la Storia e l’Archeologia della Magna Grecia e dall’Associazione Amici dei Musei. In tale occasione si prevede che due nuovi quaderni si aggiungano ai tre già pubblicati, tutti grazie all’intervento finanziario del Comune di Taranto.

Come si sarà potuto intravedere dalla mia relazione, non lieve è stato l’impegno della Soprintendenza, in quest’ultimo anno, per affermare una volontà di rinnovamento non ristretta solo agli aspetti esteriori, ma estesa ai modi di rapportarsi con le collettività locali e la comunità scientifica. Altre decisioni coraggiose ci attendono a breve, in particolare per il Museo di Taranto; ma ancora una volta voglio mantenere intatta la fiducia nella capacità di farvi fronte grazie alla intelligente sensibilità di tanti amici.

La mia relazione si sarebbe chiusa a questo punto se, nella giornata di ieri, un evento inaspettato non ci fosse stato formalmente notificato dall’avv. Pietro Cassano, nella sua veste di esecutore testamentario del prof. Angelo Galeone, tarantino di nascita deceduto nello scorso mese di luglio a Torino, dove aveva esercitato per lungo tempo la professione medica, senza per questo interrompere i suoi legami con l’archeologia della Magna Grecia e con la città di Taranto, dove tornava volentieri e spesso.

Al Museo di Taranto, e quindi alla Soprintendenza Archeologica, egli aveva già consegnato, nel 1988, un manoscritto di Luigi Viola, amico di famiglia, sugli scavi condotti nella Sibaritide nel 1887-88 46, unitamente alla corrispondenza fra lo stesso archeologo ed alcuni nomi illustri dell’ambiente archeologico di fine Ottocento in merito alla Lex Municipii Tarentini. Il suo testamento, ora, destina al Museo di Taranto una stele funeraria già citata dal Wuilleumier ed appartenuta a suo padre Mario, nonché la metà di quanto sarà ricavato dalla vendita dei suoi titoli azionari, per risistemarne una o più sale.

Certo un evento insolito per la nostra città e la nostra regione, e che ben si lega alla fase di riallestimento che il Museo di Taranto sta vivendo in questi mesi.

GIUSEPPE ANDREASSI